martedì 26 maggio 2009

La lezione di mia zia sulla differenziata (= chella strunzata).

Ma tu te lo ricordi a sanghione?
Quello che girava a raccogliere i cartoni.
Passava con suo carrettino pieno pieno
Che se li andava a rivendere
E lo stracciarolo? Te lo ricordi lo stracciarolo.
Quello passava a raccogliere quello che buttavi,
che lui poi o lo aggiustava o recuperava i pezzi
oppure i materiali che ci stavano dentro.
La differenziata, che strunzata.
Lo l’abbiamo sempre fatta solo che non si chiamava così,
veniva naturale non c’era bisogno di chiamarla.
Poi si sono inventati il nome e il problema
E invece di risolvere il problema ce lo scaricano addosso a noi.
E certo siamo noi il problema no loro che non sanno fa niente.
Insomma la raccolta dei rifiuti differenziata
Noi già lo facevamo quarant’anni fa
Ed era naturale, nessuno si sforzava.
E perché si faceva?
Perché conveniva: se restituivi il vuoto te lo pagavano o avevi uno sconto. Perché non si può fare pure adesso?
E che ci vuole? Tu raccogli un chilo di plastica, lo porti dove fanno la raccolta e quelli ti danno 50 centesimi, un euro.
E che ci vuole dico io. Tutti questi disoccupati avrebbero qualcosa da fare invece di chiedere l’elemosina, la differenziata la faremmo per scelta e non per imposizione e magari si risolve pure il problema della mondezza.
I soldi per pagare quelli che portano i materiali raccolti? E tutti quelli che spendono per quei baracconi di società che dovrebbero fare la differenziata e invece te la fanno fare a te? Invece di darli a loro i soldi che se li magnano in mille modi, dalli a quelli che ti portano il chilo di plastica il chilo di cartone, il chilo di vetro. Allora si
La differenziata, che strunzata.

Io la prossima volta voto mia zia.

lunedì 18 maggio 2009

Dall’inviato speciale sul fronte interno

Faccia a faccia con il bancomat

L’incarico era chiaro: verificare il comportamento dei bancomat alla luce delle ultime notizie sulla crisi finanziaria. Mi sono recato al solito sportello. Ho deciso che l’approccio ideale fosse quello di un contegno normale, come nulla fosse successo. Il display del bancomat alternava tranquillamente schermate su servizi e pubblicità come nulla fosse. Con fare sereno infilo la tessera nell’apposita fessura,come da prassi. Schermata normale con richiesta di digitare il codice “assicurandosi di non essere osservati”. Con la tecnica sperimentata in anni di frequentazioni di questi videogiochi con vincita sicura, seppur illusoria, rispondo alla richiesta. Tutto a posto, il display mi mostra i servizi disponibili tra cui il prelievo. Siamo nella piena normalità, mi viene da pensare, ma un giornalista di inchiesta va fino in fondo e scelgo prelievo. Un momento di pausa in cui ho l’impressione di avvertire una leggera vibrazione nell’apparecchio mentre la scocca che lo riveste mi sembra diventare un po’ più fredda. Di nuovo mi appare la schermata con i servizi a disposizione. “Mmmm” mugolo perplesso, poi di nuovo scelgo prelievo. Stessa vibrazione e sensazione di freddo. Attesa. Finalmente la schermata in cui posso scegliere l’importo. Avverto le spalle che mi si rilassano le narici che si dilatano e,dentro di me, un senso di leggerezza. Con un accenno di sorriso e con una nonchalance di altri tempi digito l’importo: 250 euro , crepi l’avarizia.
La vibrazione che arriva dal bancomat mi fa temere un terremoto. Il video sfarfalleggia, rimane spento per qualche istante. Il mio viso vagamente riflesso nel vetro di protezione mi rimanda uno sguardo perduto. Quando il display si rianima compare la scritta “conferma l’importo?”. Si, certo. Di nuovo sullo schermo:
“Sicuro?”
Certo che sono sicuro, voglio prelevare 250 euro. Ancora qualche istante di buio, rumori strani arrivano dall’interno. Di nuovo una scritta sul display:
“Non le bastano 100 euro per oggi?”
No che non mi bastano, confermo le 250 euro.
“A che le servono tutti questi soldi?”
Saranno affari miei mi servono 250 euro e voglio prelevarne 250.
“Non sia esagerato. Gliene posso dare 110”
No, ormai sono deciso ne voglio almeno 225.
“Veniamoci incontro 120 euro per oggi”
200, non un euro di meno.
“Pensi anche agli altri, non sia egoista. Ne prenda 150”
Alla fine ci accordiamo per 175 euro.
In conclusione voglio rassicurare il mio direttore e tutti gli utenti del nostro giornale che la situazione e sotto controllo e i bancomat funzionano normalmente o quasi. Al prossimo servizio.

domenica 17 maggio 2009

RECENSIONE SUPERFICIALE 4

Solo critica superficiale
Solo analisi tegumentale
Causa carenza di mezzi
Messi a disposizione dal giornale
Valutare il libro dalla copertina
Recensire il film dalla locandina

Il video del serialkiller
Ennesimo prova cinematografica del pirla di turno che crede di diventare superman sparando alla gente, senza rendersi conto di essere rimasto il pirla che era. Per quanto ancora insisteranno?
Non capiscono che un minimo di basi sono fondamentali. il cinema è arte: non puoi cimentarti senza avere un minimo di consapevolezza del mezzo che intendi usare ne del linguaggio che gli è proprio. Devi studiare i classici da eisenstein a kubrick, devi farti due palle così nei cinema d’essai a vedere cento volte ladridibiciclette. Un minimo di struttura, ca..o! i testi poi, banali da morire. Il valore espressivo e il valore estetico di un opera si misurano a partire dalla consapevolezza e della conoscenza del linguaggio usato per arrivare al contenuto.
Questa è roba da trogloditi, si mettono con una pistola in mano e pensano di essere tarantino. Ma sparatevi subito piuttosto senza far perdere tempo agli altri.

sabato 16 maggio 2009

RECENSIONE SUPERFICIALE 3

Solo critica superficiale
Solo analisi tegumentale
Causa carenza di mezzi
Messi a disposizione dal giornale
Valutare il libro dalla copertina
Recensire il film dalla locandina

“UNA VITA DA MEDIANO”

rivisto per caso un pezzo di intervista
in cui il liga prendeva le distanze dal suo brano
qualcuno gli ha rinfacciato che un artista
non può lagnarsi di fare una vita da mediano.
sono rimasto di stucco
e non ho capito dov'era il barbatrucco.
A parte la cazzata sesquipedale
Che un artista narra solo di se e del suo vissuto
E non possa calarsi nei panni di quel tale
che magari ha incontrato anceh per un solo minuto.
Ma il brano in questione mi sembra interessante
anche per il testo non corretto politicamente .
in un gioco di squadra per la squadra si gioca
E mica puoi giocare con undici maradona
Ci vuole il gregagrio che fa il lavoro oscuro
che porta l'acqua al campione che combatte duro.
non gioca di fino ma senza il suo lavoro grosso
il rifonitore dovrebbe corre pure lui a più non posso
L’elite non scende in campo mai da sola
ha bisogno di lavora anche per lei
Cha cazzo hai da essere triste o ligabuo,
E ‘sto tono malinconico che mi pare un tradimento
che se col pallone fai il mediano
sul palco sei il centravanti…di sfondamento.

RECENSIONE SUPERFICIALE 2

Solo critica superficiale
Solo analisi tegumentale
Causa carenza di mezzi
Messi a disposizione dal giornale
Valutare il libro dalla copertina
Recensire il film dalla locandina

“CRONACHE DI NARNIA- IL PRINCIPE CASPIAN”

Ti punta il coltello alla gola
Vieni a vedere ‘sto film amico
Corri a compra’ il biglietto, vola!
il tipo il locandina sta un po’ accigliato
mentre ti fissa negli occhi
Oppure è solo preoccupato
che se il botteghino fa i “bocchi”
deve lascia perde il “rutilante mondo”
E andare a lavorare sul serio.
Lui, il leone giramondo
E tutto il cazzimperio.
Ci tengono a informarti
che in umbria hanno girato
verso Ternia o da quelle parti
buona parte di tutto il filmato
Evidentemente anche a questa produzione
arrivano finanziamenti dalla regione

giovedì 14 maggio 2009

RECENSIONE SUPERFICIALE 1

Solo critica superficiale
Solo analisi tegumentale
Causa carenza di mezzi
Messi a disposizione dal giornale
Valutare il libro dalla copertina
Recensire il film dalla locandina

“la solitudine dei numeri primi”

Volto di donna tra fogliame verde
Lo sguardo che nell’incredulità si perde
gli effetti della totale assenza di relazioni
Evidentemente di una cifra tra milioni
Che sta davanti agli altri o forse così crede
Perché tanto ormai gli altri più non vede
E per dar sollievo alla sua solitaria pena
in totale autonomia e di buona lena
Fingendo di non accorgersi di essere osservato
Ostenta il suo momento di autoamore privato
Così che con questa intima manifestazione
Con tutto il mondo o quasi ha una relazione

LO ZABAJONE


Il dolce che più ha segnato la mia infanzia è stato lo zabaione, almeno quello nella versione più semplice e domestica rispetto alle ricette che poi ho rintracciato nei vari libri di cucina. Gli ingredienti si limitavano allo zucchero e al tuorlo dell’uovo, ma la vera magia consisteva nella preparazione, nel far montare quella crema lavorandola nel bicchiere con un sapiente e continuo movimento del cucchiaino, amalgamando insieme i due ingredienti base, in modo che lo zucchero venisse assorbito dall’uovo, e continuare a girare e girare fino a che non se ne sentivano più i granelli. A quel punto l’impasto diventava di un giallo pallido e la materia così lavorata trascendeva, il palato avvertiva un sapore sublime che non aveva più nulla dell’uovo e dello zucchero. La sensazione era di mangiare in realtà la passione stessa con cui avevi lavorato per ottenere quella sostanza. L’artista di famiglia nel campo zabaioni era uno zio, fratello di mamma. Fin da piccolo, la passione nel lavorare la materia prima, lo rendeva capace di realizzare delle versioni sublimi. Il tempo che impiegava sembrava eterno agli altri, ma lui era instancabile, sapeva che più lo lavoravi, più lo zabaione diventava buono e creava ogni suo capolavoro con dedizione mantenendo costante il ritmo, elemento secondo lui fondamentale per la riuscita dell’opera. Gli altri fratelli, pur amando lo zabaione, non avevano la sua stessa pazienza, e quando vedevano lo zio alle prese con il rito dello preparazione, aspettavano il momento finale e casualmente, uno o due di loro, gli passavano accanto con un cucchiaino in mano – nessuno voleva usare quello di un altro - e “ti spiace se assaggio?” . Sapevano bene che lo zio, troppo buono, era incapace di rifiutare, e si gettavano famelici su quel nettare degli dei asportandone porzioni copiose. Una volta tutti e cinque i fratelli si presentarono contemporaneamente dotati di cucchiaino di prammatica e con l’acquolina in bocca. Lo zio dapprima li guardò sgomento raggomitolandosi nella poltrona dove era solito celebrare il suo personale rito, poi si riprese e disse loro: “Solo un momento che aggiungo un altro ingrediente”... (continua)

lunedì 11 maggio 2009

NEMESI ATIPICA (the director's cut) - parte 3

SOLILOQUIO INTRODUTTIVO
Ride, ride sempre, parlo e ride, sto zitto e ride, mi guarda e ride. Sto scemo. Scemo e stronzo. Mi sfotte in continuazione. Con questa storia del pronto soccorso poi, si sta divertendo come un pazzo. Io soffro e lui ride. Sono ancora tutto acciaccato dopo 10 giorni. Tutti i muscoli indolenziti, anche perché quell’infermiera m’ha tenuto fasciato così stretto. Meno male che poi ha dato retta a quel medico. Lei dice che è un coglione, anzi che tutti gli uomini sono coglioni. Chissà che storie avrà avuto. E quanto deve avere sofferto. E quanto avranno sofferto quei coglioni che stavano con lei. Magari li fasciava stretti pure a loro. Però è carina. Un po’ pazza, ma chi non lo è.
Mario non lo è. Mario è proprio scemo e pure stronzo.. Ma ve l’ho detto che tartaglia? Ci mette mezz’ora a dirmi una battuta cattiva su di me. Un po’ perché balbetta e un po’ perché ride in continuazione. Mi da così ai nervi che lo ammazzerei. Anzi sarà lui la mia prossima vittima. O meglio la prima visto che gli altri tentativi non sono andati come dovevano. Sfortuna perché le trappole hanno funzionato come previsto, solo sfortuna. Ma lui… lui pagherà per tutte le prese per i fondelli che ho subito. Ridi pure, stai per pagare e so già come.

SOLILOQUIO DEL TERZO TENTATIVO
“Ho studiato tutto: arrivo al lavoro, i movimenti, i tempi. Mario arriva al lavoro alle 6,30 e subito si dirige spogliatoio si toglie la giacca e entra nel suo w.c. personale, personale perché nessun altro ha il coraggio di usare dopo che c’è stato lui, e ci rimane dai 30 ai 40 minuti. Poi viene in magazzino e fa sempre lo stesso giro, finge di controllare e di mettere a posto per circa trenta 35 minuti, sparisce e ricompare alle 10,30 per la pausa, in cui fa colazione con quel beverone di un colore strano che realizza con polvere di liquirizia e acqua, almeno credo. Problemi di evacuazione forse. Ma questo non gli impedisce di scroccarmi sempre le cose. Ogni volta che mi vede masticare qualcosa mi chiede sempre cosa è e se ne ho per lui, e quando lo dice fa la faccia da cane bastonato e zoppica pure. E’ l’unico momento in cui lo fa, mai visto zoppicare in altre occasioni, anzi se gli serve corre come un disgraziato. Ma ho scoperto che soffre anche di cuore e quindi potrei fare in modo di dargli qualcosa aggravi la sua situazione e lo porti a lasciare la valle di lacrime. Potrei farmi vedere che mastico sempre le gomme senza zucchero, queste tipo confetto che fanno pure bene ai denti. Per lui è un’esca irresistibile, sicuramente me la chiederà ed io avrò preparato un altro pacchetto da cui farò in modo che lui scelga quella la gomma “trattata”. Pacchetti uguali ma con una tacca che posso avvertire al semplice tocco, così quando lui me la chiederà davanti agli altri io infilerò la mano in tasca e prenderò l’altro pacchetto, lui prenderà quella preparata e ….alè, la missione sarà compiuta.

Ho scelto queste che danno pure l’alito profumato, le mastico tutto il giorno tanto che il capo ormai mi chiama “il ruminante”. Sono due giorni e ancora non me ne ha chiesta una! Che stia male? Eppure le sue abitudini sono invariate. Colazione alla stessa ora, con lo stesso beverone. Forse dovrei metterlo lì, il veleno anche se, con quel colore che esce fuori quando lo prepara chissà che c’è dentro. Magari basta concentrarmi e sperare che gli ingredienti facciano effetto, così è suicidio però, e come serialkiller farei una figura del cacchio. Stamattina rispetta i tempi in modo perfetto: 30 minuti di bagno, 30 minuti di finto lavoro e ora è sparito, ricomparirà tra 3 minuti, alle 10,30, per prepararsi il beverone. E quindi ho fatto bene oggi a portarmi la boccetta del veleno per mischiarlo agli ingredienti che usa. Almeno la pianterò di masticare le gomme del pacchetto buono. Anzi dei pacchetti buoni visto che ne ho consumato almeno 3 in 2 giorni, sempre attento a non prenderlo dal pacchetto “trattato” che invece sta qui nella tasca ancora integro. Eccolo qui in tasca lo sento. Mah? Cacchio è aperto?.. come è possibile? .. cazzo stamattina ho comprato uno nuovo che ho appena aperto, oh no! È questo quello con la tacca, allora … ho in bocca la gomma “trattata” … ma allora… mi sono avvelenato! ….oddio mi.. sento male… aiuto … mi … sento….

TERZO PRONTO SOCCORSO SCENA FINALE
“ di nuovo qui allora”
“aiuto, mi sono avvelenato…aiuto..”
“ti ricordi di me? Ci vediamo spesso ultimamente”
“si sei l’infermiera Giovanna ma io sto morendo…”
“stai calmo ti stiamo controllando. Sei arrivato qui svenuto con la bava alla bocca e ti ha portato il tuo collega, quello che tartaglia. Ma sta sempre a mastica gomme quello? ora faremo una bella la lavanda gastrica, ti infilerò questo bel tubicino giù per la gola e ti daremo una bella pulita alla tua pancia e tutto quello che c’è dentro verrà fuori e non ti farà male. Capito?”
“si,..cioè, ma..”
“ buono, ci penso io”
“urgh…”

“bravo, sei stato molto. Non ti lamenti mai, veramente dai soddisfazione ad una come me che ci mette passione in quello che fa”
“ grazie, Giovanna, posso …posso chiamarti così?”
“certo, puoi chiamarmi Giovanna quando parliamo da amici, ma quando sono nell’adempimento delle mie funzioni chiamami signora Giovanna, serve rispettare i ruoli”
“ah,..va bene, signora Giovanna”
“Bravo. Ed ora per stare sicuri, per essere certi che non ci sai più niente nel pancino ti farò un bel clistere”
“ eh, ma…”
“chiudo la porta a chiave non ti preoccupare. Non entrerà nessuno”
“ ah… eh si cioè… meglio”
“ Bravo piccolino che non si ribella. Ho capito sai, non c’è più bisogno che fingi con me. Anche tu hai capito per questo contini a farti male.”
“ come … cosa hai capito tu e … cosa avrei capito io?”
“che ti sei innamorato di me, piccolino. Ma non c’è più bisogno che ti inventi queste scuse, io ti ho capito, ti guardo negli occhi e so cosa vuoi da me”
“ oh, si, cioè, io ti ho pensato spesso, dalla prima volta che ti ho incontrata qui al pronto soccorso..”
“e ho capito subito che eri diverso da tutti gli altri. E me lo hai dimostrato assecondandomi sempre senza ribellarti, non come hanno fatto tutti gli altri finora che non sapevano accettare me e il loro ruolo”
“si io voglio assecondare tutti i tuoi desideri, tutte le tue aspirazioni e inol..”
“ e poi mi hai dimostrato di saper soffrire”
“eh si, il rapporto sano come dicevamo l‘altra volta lo richiede”
“rapporto sano, si è vero, anche se non secondo i canoni comuni, ma in realtà il nostro sarà più naturale degli altri”
“naturale…cioè ho capito bene tu ed io insieme , cioè tipo innamorati”
“più che innamorati, piccolino, noi ci combiniamo perfettamente, siamo concavi e convessi, la mia deviazione, la presunta deviazione secondo i canoni ufficiali della normalità, è compensata, anzi, è perfettamente armonizzata dalla tua”
“cioè…tu credi che noi siamo fatti l’uno per l’altra?”
“si, amore mio. Nessuno finora mi aveva accettata per quella che sono. Chiunque mi è stato vicino è fuggito, anche chi aveva provato pur conoscendomi non ha resistito molto, forse pensava, sperava di cambiarmi”
“io non desidererò mai cambiarti”
“lo vedo nei tuoi occhi, mio docile tesoro”
“ma …come hai fatto a diventare così come sei?”
“chissà, forse perché nessuno mi ha mai voluto veramente bene”
“io ti amo e ti vorrò sempre tanto, tanto, tanto bene”
“anche io ti amo, piccolino, e ti farò sempre tanto, tanto, tanto male”

martedì 5 maggio 2009

NEMESI ATIPICA (the director's cut) - parte 2

SECONDO SOLILOQUIO INTRODUTTIVO
..pausa, finalmente. Una settimana che sono rientrato al lavoro e già non ce la faccio più. Non so’ fatto per il lavoro fisico io, e invece qua me tocca usa tutto meno che il cervello.
Una settimana e la ragioniera mi avrà rivolto si e no 10 parole: tutti ordini.
A parte un “bentornato” detto così strascicato e lungo che nel frattempo io le ho detto buongiorno, mi sono tolto il cappotto, soffiato il naso e le ho detto grazie. Forse c’era una leggera nota di sarcasmo perché ha fatto subito la faccia storta che fa sempre quando le parlo.
Neanche una volta che mi abbia chiesto come sto. Ho fatto 3 giorni di ospedale per riprendermi dal semiassideramento. Tre giorni con quell’infermiera che si prendeva cura di me. Bellina, un po’ rotondetta mi pare, bionda e ‘sti due occhi che mi fissavano e mi fissavano ogni volta che mi parlava. Mi metteva un po’ in soggezione veramente. Anche perché ogni volta che mi parlava sembrava mi desse degli ordini. Però lo faceva per il mio bene, m’ha fatto un sacco di quelle fiale che facevano un male cane, ma non le dicevo niente. Mi curava. Che vuoi che sia un po’ di dolore. Mica tanto poco però. Io, però, non dicevo niente. Anche perché mi fissava con quello sguardo appuntito…mi ricorda la maestra delle elementari che ogni tanto mentre spiegava si interrompeva all’improvviso e mi fissava così come se aspettasse solo un pretesto per mettermi in punizione.
La ragioniera invece non mi calcola proprio. Guardala ‘sta stronza. Secca come un chiodo. Vabbè però le tette ce l’ha e neanche piccole. Vuoi vede che ha ragione Mario che si è rifatta tutta. Co ‘sti vestiti stretti pe’ fa vede che pure se c’ha l’età sua è sempre soda. Palestra, ci vuole far credere. Mario ha detto che una volta ha visto dentro la borsa quello che si porta. Stai a rota de clisteri, bella. Perché saresti pure bella se non avessi trattato così il tuo corpo. Il tuo corpo è un tempio, lo diceva il mio maestro di shiatsu. Anche se poi lo beccavo che fumava in ascensore e con un peroncino in mano. Però lei ha proprio alterato il suo corpo. La sua faccia con quelle labbra rifatte e quei zigomi imbottiti di botulino o che schifezza è quella che usano. Tutto per diventare una icona di questa società dell’apparenza. Niente è più naturale nemmeno i nostri corpi lo devono essere: è questo che ci impongono. Snaturarci per non riconoscerci più.
Ma io non mi farò imporre questa filosofia malefica, mi ribello a questo omologazione di bellezza artefatta e pure irraggiungibile. Tu, stupida, hai deciso di diventare un clone di modelli televisivi violentando così il tuo corpo. È giusto che la punizione ti colpisca e attraverso te si riverberi in tutte la copie che tu rappresenti e raggiunga il modello originale, motore di tutta questa follia. E io sarò il mezzo attraverso il quale la punizione si compierà

SOLILOQUIO DEL SECONDO TENTATIVO
“Ho studiato tutto: arrivo al lavoro, i movimenti, i tempi. La ragioniera arriva al lavoro alle 8 e trenta e subito si dirige alle scale in ferro e entra nel suo ufficio in quel box metallico che domina tutto il magazzino. Alle 10 e 30 esce dall’ufficio scende i 18 scalini della scala in ferro e va al bar”ciccia” di fronte per fare colazione: cornetto integrale al miele e cappuccino. Torna al magazzino sale le scale in ferro e torna nel suo ufficio e ricomincia il lavoro. Le scale in ferro sono il punto adatto: per tutti sarà un incidente. Ho studiato il suo modo di scendere, è sempre di corsa e sempre a mettere o cercare cose nella borsa o a parlare al cellulare. Non afferra mai il corrimano, mica è una vecchietta coi dolori articolari, fa palestra lei. Basterà fare in modo che inciampi, una caduta con 18 scalini da ruzzolare. Il mezzo: un filo di nylon teso che sarà invisibile con la luce scarsa che c’è qui dentro. Quello da pesca andrà benissimo, teso ad una altezza di 20-30centimetri in modo che ostacoli il piede al momento dello stacco dal gradino, con il corpo sbilanciato. A quel punto lei avrà le mani occupate come al solito e non riuscirà a frenare la caduta. Perfetto.
Sistemerò il filo prima del suo arrivo assicurando un capo sotto la scala a ridosso del muro; poi lo farò salire sulla scala, girandolo intorno alla prima barra trasversale che è alla giusta altezza, poi lo abbasserò in modo da scomparire sotto il bordo del gradino, lo farò risalire sulla barra trasversale dal lato opposto e poi scendere verso terra. Sistemerò sotto la scala così che l’altro capo sia nascosto da una pila di scatoloni e qualche minuto prima che lei scenda applicherò un peso al filo in modo che rimanga teso con la giusta tensione. Dopo staccherò il peso e tirerò il filo dall’altra parte, scioglierò l’altro capo, faccio sparire il tutto et voilà il gioco è fatto.

Tutto pronto, il capo è fuori e Mario è nel bagno dello spogliatoio per la solita seduta di almeno mezz’ora. Alle 10 e 30 anche loro saranno qui e quindi ora è il momento giusto per attuare il piano. Il filo da pesca l’ho acquistato ieri in un negozio dall’altra parte della città. Forse non dovevo dare tutte quelle spiegazioni al commesso quando ho chiesto la resistenza del filo, Che ti frega che ci devo fare io con il filo da pesca anche se non ti sembro un pescatore, e se le serve per una canna da lancio, e se pesca dalla barca, e se usa il piombo, e quanto la fanno lunga per un filo di nylon, ma che tipo ma stai al tuo posto, sei commesso?. Vabbè dai, veloce ed efficace come un commando, dai su lega il filo, bene e ora tiriamolo sulla scala, cazz…che casino! Niente Mario sta di là e il capo è in giro. Sali sulle scale, piano non fare rumore, bene il filo intorno alla barra trasversale,… poi in basso sotto il bordo dello scalino, così ben nascosto, poi sale,..ecco …sull’altra barra, …e ora giù, … bene e ora indifferenza e al lavoro

E’ quasi l’ora…la ragioniera è in ufficio davanti al pc, operazione zavorra via, ecco il filo ci annodo questo pacco da 5 kg, controllato con bilancia pesa persona di mia madre, e vai ..eh …come mai?… qualcosa non va, avevo calcolato che doveva allungarsi di circa cm 50 invece non si è quasi mosso, eppure è teso, a meno che … cazzo!, si è incastrato sotto il gradino, e ora? Che faccio? Non posso lasciarlo lì devo sganciarlo o togliere tutto…devo comunque salire sulle scale, però sono le 10 e20 , è una azione temeraria: Salgo! piano, ecco sono quasi al filo, però devo rimanere accovacciato per non farmi vedere che la porta dell’ufficio è a vetri per la metà superiore, ecco dove è bloccato. Si! ci sono riuscito, bene, adesso si tende come previsto, posso tornare giù ma prima controllo che fa la ragioniera, ah è davanti al pc che lavora. Lavora? Scrive una mail, chissà a chi, se alzo un po’ la testa riesco anche a leggere, ma è una poesia, dai, scrive una poesia
“…la mia lingua scorre
il tuo collo inarcato
si insinua fremente
nella valle dei seni
li sale ad assaporare
il gusto dei capezzoli eretti
per poi ridiscendere
verso l’orlo dell’ombelico
dove s’avvita a spirale
e mentre riprende il percorso
e le mani mie ti afferrano i fianchi
le tue cosce si schiudono
ad offrirmi lo spettacolo
magico e meraviglioso
di sua maestà la fica”
….cazz…ma allora ..lei è una di quelle…cioè no, di quell’altre ..ma allora non è …oh preme “invia”… e adesso spegne il pc cazzo! mi devo levare di qua veloc…porca puttana il fil... Ah.., cazz…acc …mado... ork … … ahio!

SECONDO PRONTO SOCCORSO
“ahia…ahia”
“buono e tranquillo, sei di nuovo al pronto soccorso. Stavolta qualche contusioni ed abrasioni”
“..come dice…”
“non ti ricordi di me, allora”
“ si, certo…ahia…lei è l’infermiera dell’altra volta, come sta?”
“meglio di te, sicuramente. Ti sto applicando le cure del caso se vuoi saperlo, con tintura di iodio sulle abrasioni”
“Ahi.. ma mi sono rotto tutto? Ho tutte ‘ste fasciature addosso che..”
“le ho fatte io. Zitto ora”
“ahia, ma che cac..”
“prego?”
“..eh..no cioè… scusi…e che brucia”
“se brucia è perché sta facendo effetto. Ora stai fermo qui che c’è il medico che mi chiama nell’altra stanza. Controlla le tue lastre. Fermo qui e non ti muovere”
”..va bene…anche perché così fasciato proprio non potrei. Ecco mi ha lasciato solo, fasciato con le braccia dietro la schiena, e le gambe strette che possono muoverle solo insieme e a malapena. Vabbè comunque si prende cura di me e ci tiene, ha consumato una bottiglia intera di quel prodotto sulle mie ferite, bruciava da pazzi ma non ho avuto il coraggio di dirglielo. Però che fortuna a incontrarla di nuovo. eccola”
“stronzo!”
“ma io non ho detto niente”
“ce l’ho col dottore”
“ah scusi, che ha detto?”
“non capisce niente come tutti gli uomini. Stai buono adesso che ti devo togliere le bende, cosi poi sarai libero di andare in giro a farti male da solo”
“ non servono allora..”
“non servono secondo quel cretino di un medico”
“non è bravo?”
“ è un maschio e quindi un coglione per definizione”
“scusi ma che vuol dire? secondo lei tutti i maschi sono coglioni anche suo marit…”
“non sono sposata”
“..ah cioè volevo dire il suo fidanz...”
“non sono fidanzata”
“ah no, strano una bella ragazza come l…”
“lo vedi che siete tutti dei coglioni!”
“..ma io … non volevo offenderla, solo che volevo dire che magari qualcuno diverso ci sarà pure, ahia, può fare un po’ più piano? Dicevo qualcuno con una sensibilità più adatta alla sua, ahi, che…”
“gli uomini non capiscono una donna che non cerca protezione, ne hanno paura, non hanno sufficiente intelligenza e fantasia per uscire dagli schemi mentali da trogloditi che governano le loro menti. Una donna che prende l’iniziativa li disorienta, una donna che sa quello che vuole e per ottenerlo è disposta ad imporsi se necessario li terrorizza. Vogliono avere loro la guida anche se non sanno dove andare, io invece conosco i miei obiettivi e questo li fa sentire inferiori. Hai capito ora?”
“…si, signora…ahi, cioè…possibile che nessuno abbia mai provato a stare con lei ...ahi ...senza cercare di imporsi… alla pari…”
“ ci provano, cosa credi, ma appena capiscono cosa voglio scappano, hanno paura gli idioti. E quindi adesso rivestiti e vattene pure tu”
“mi dimette…”
“è il medico che ti dimette, piccolino. Fosse per me ti curerei ancora, come dico io però”
“beh, allora grazie. Mi è piaciuto essere curato da lei...”
“Giovanna”
“..signora Giovanna”
“Giovanna”
“ si, … Giovanna, bene…e comunque esistono anche uomini che non sarebbero terrorizzati o disorientati da una donna che prende l’iniziativa come ha detto lei, cioè … come hai detto tu, Giovanna, e che accetterebbero ogni tanto anche di farsi guidare, Giovanna e che…”
“ e che non avrebbero paura di soffrire?”
“ ..beh, certo in un rapporto a due c’è bisogno anche di saper soffrire”
“e che saprebbero assecondare tutte le aspirazioni di una donna forte?”
“certo, Giovanna, la comprensione dei desideri dell’altro è alla base di un rapporto sano e..”
“tu credi eh?”
“si io credo che…”
“e allora… fila!”
“…”
“ho detto VAI!”
“…va bene, arrivederci, Gi…eh, scusi, signora Giovanna”

lunedì 4 maggio 2009

NEMESI ATIPICA (the director's cut) - parte 1

PRIMO SOLILOQUIO INTRODUTTIVO
“…allegare curriculum vitae…cazzo! Il curriculum. Sta storia del curriculum mi da ai nervi. che ci scrivo? Il sottoscritto,nato a,il,percorso scolastico, liceo,università, i corsi di specializzazione,master,le pubblicazioni e fino a qui bene, anzi benissimo. Ma esperienze lavorative che ci scrivo? Che sono sette anni che, a parte stage di formazione professionali pagati profumatamente dal sottoscritto, ho fatto solo lavori a tempo determinato al massimo di tre mesi? Che sono iscritto a tutte le agenzie di lavoro interinale del mondo? Che sono quasi tre mesi che faccio il magazziniere qua dentro agli ordini di quel cafone ignorante del capomagazziniere, con un collega mentalmente handicappato che mi piglia costantemente per il culo e la segretaria bonazza che non mi degna di uno sguardo?
Ma guardali ‘sti tre stronzi .io che approfitto della pausa per cercare un nuovo lavoro e loro che fanno comunella alla faccia mia. Il capomagazziniere, ‘sto pennellone semicalvo con l’helicobatter pilori incancrenito, crede di essere chissà chi solo perché può angariare me e quel tonto di Mario che neanche lo capisce. Ma soprattutto fa il galletto con la segretaria e quella ride come un’idiota per quei complimenti da bar che le rivolge. Almeno fossero frasi originali e non quelle che ricicla dagli amici del bar dove va ogni mercoledì sera. Quelle poche volte che riesco a rivolgerle la parola io mi sforzo di farle omaggio di frasi galanti originali piene di citazioni colte e quella mi guarda come se avessi scoreggiato e fa la faccia storta. E lo scemo ride. E mi piglia per il culo.
Mi trattano come fossi un essere inferiore
Li odio. Li odio tutti. Come odio sta società malata che premia i peggiori metendoli ai posti di comando e quelli come me invece a sbattersi per mettere insieme il pranzo con la cena. Lo studente brillante che ero e che non ha accettato di piegarsi a chiedere favori a squallidi personaggi capaci solo di far carriere leccando il culo al potente di turno può andare a testa alta. Questo si, testa alta. Anche perché sto nella merda e quindi è meglio che la testa la tengo fuori.
Basta però! basta accettare passivamente e basta. Tu, società mi dichiari guerra. E guerra sia. La mente brillante dello studente che ero ristabilirà la giusta gerarchia. Vedremo chi è inferiore. Come vendicarmi lo so già. Ho visto tutti i films sui serialkiller e ho letto tutto sherlockholmes. Concepirò delitti perfetti.
Sceglierò le mie vittime. Sarò giudice e arbitro del loro destino. Desidererò quando la loro squallida, misera vita di lacchè el sistema avrà fine. SI! Sarò l’angelo della vendetta.
E so già quale sarà il primo ad essere punito”


SOLILOQUIO PRIMO TENTATIVO
Tentativo uno: il capomagazziniere
“Ho studiato tutto: il percorso, i movimenti i tempi. Il capomagazziniere va al bar”ciccio” tutti i mercoledì sera alle 10. gioca a carte con i soliti tre, fa le solite battute, solite considerazioni sulle mignotte, tutti gli altri per quelle dell’est, lui per quelle di colore, birra e gazzosa, come beveva il nonno, dice lui. Poi a secondo di quanto ha perso torna casa in un orario che varia dalle 1,30 alle 2,30. rispetto al percorso diretto fa la solita deviazione per vedere le mignotte , che secondo me non ha mai avuto il coraggio di frequentare, nonostante le chiacchiere. E comunque passa vicino questo portone che è il punto ideale. E anche questa notte invernale è ideale: la nebbia intensa mi permetterà di avvicinarmi senza che se ne accorga,. Poi un colpo perfetto con il cric alla base del collo, come nelle prove che ho fatto con il manichino dell’Upim, ed è fatta, secco! Certo che forse appostarmi qui a mezzanotte è un po’ presto ma non voglio lasciare niente al caso. Ripassare il piano allora una volta fatto secco bisogna far sparire il corpo. Così la polizia penserà che è scappato all’estero . eh me l’ha detto Mario che secondo lui il capomagazziniere si frega i soldi dalla cassa d’accordo son la segretaria. Vai a vede’ so’ pure amanti sti due stronzi! Certo che il freddo stasera non scherza! Sto pure un po’ leggero. E vabbè mica mi potevo imbacuccare. Devo essere sciolto nei movimenti, leggero e letale come diceva quel giornaletto coi ninja . certo cazzo che l’umidità di penetra nelle ossa, mi verranno i reumatismi, ci sarà la mutua per i serialkiller? Vabbè che so’ ancora aspirante serialkiller, nel senso che devo ancora comincia. Stasera è il debutto! Ci vuole un po’ di training autogeno …dai sono l’angelo vendicatore… O l’angelo sterminatore. …Vabbè l’angelo della morte. Porta la punizione divina. Cazzo! Non ho pensato a qualche frase ad effetto da dirgli prima di colpirlo che so: è l’ora per te, bastardo! No così pare un western , allora : hai finito di angariare i lavoratori per dare sfogo alla tua frustrazione! Troppo lungo, non sto ancora a metà che quello se ne scappato a casa. O dalla polizia. …Oppure capace che mi mena direttamente che è pure più grosso di me. ..No,no meno subito e bene… Solo che sto freddo… mi sta congelando,… il braccio è tutto intorpidito…e non sento più i piedi,….magari provo a muoverli un po’,.. poco però che magari arriva adesso … e mi sente…. faccio pure fatica …a tenere gli occhi aperti….sta nebbia è terribile non si vede niente… È tutto bianco …..lattiginoso….sembra che lo sguardo….. ci galleggi dentro…mi fanno male gli occhi…quasi quasi li chiudo… solo un momento…l’angelo sterminatore con.. gli occhi chiusi……e porto …la ………”


PRIMO PRONTO SOCCORSO
“Ti sei svegliato, finalmente”
“…dove..”
“Pronto soccorso. Non ti muovere. Hai una coperta termica addosso e sei attaccato ad un monitor cardiaco.”
“…eh…”
“ora devo praticarti delle flebo “calde”
“Ahi”
“Fermo! Lo so che ti fanno male, servono a ristabilire la temperatura normale,e quindi te le devo applicare ma lo so che fanno un po’ male”
“..che è successo ?”
“ti hanno portato qui stamattina verso le quattro, semiassiderato. Ti ha trovato uno che ha detto che ti conosce, che lavora con te, il tuo capo mi pare.”
“…il capo? …il capomagazziniere!!!”
“appunto ha detto che stava rientrando a casa verso le 3,30 del mattino è ti ha trovato per terra svenuto con il cric in mano”
“il cric?”
“si, ma non ti preoccupare, ha detto che andava a vedere lui dove sta la tua macchina e a far cambiare la gomma a terra. Che fai piangi? Te l’ho detto che queste fiale fanno un po’ male”
“ma, dottoressa, quante ne devo fare?”
“potrebbero bastare, ma ne faccio ancora qualcuna perché voglio essere sicura che facciano effetto.”
“ma…”
“ora zitto! E poi io sono infermiera”

venerdì 1 maggio 2009

ALLA LUCE DEL SOLE

Cena da Claudia.
Lei partecipa controvoglia.
I due uomini non sono particolarmente interessanti.
Uno parla solo del suo lavoro, l’altro è volgare, completo di catena d’oro al collo e occhiali da sole sulla testa anche a tavola.
E’ lui che invece del caffé propone altro e, esperto, prepara le strisce bianche.
L’eccitazione sale.
Claudia danza e, come da copione, sale sul tavolo cominciando a spogliarsi.
Lei non partecipa.
Quello con gli occhiali in testa la incalza con frasi originali: “non sai lasciarti andare, sei troppo rigida ecc. ”
Lei reagisce e gli vomita addossa una valanga di parole: ”non ho bisogno di niente per lasciarmi andare, lo faccio quando decido io ecc.”
Irritata con se stessa perché colpita da quelle provocazioni idiote sale sul tavolo e comincia a ballare. Claudia, rimasta in reggiseno, perizoma e autoreggenti di ordinanza, le si avvicina strusciandole il seno ora su un braccio ora sull’altro.
La lascia fare quando le sbottona la camicetta e poi le sfila la gonna.
Seminude si guardano dondolando lente e ipnotiche.
Claudia allunga le braccia, le sfiora le spalle, la fa girare e fa per slacciarle il reggiseno.

... (continua) ...