venerdì 23 ottobre 2009


titolo: "TARLATANA"
immagine per racconto"RAGNATELE" di Aldo Ardetti

mercoledì 21 ottobre 2009

SCACCHI MATTI


“Fermo fratello pedone! Cosa fai?”
“Come sarebbe? Ti mangio: pedone bianco in F5. Sei preso, amico”
“E perché?”
“Come perché? E’ la regola degli scacchi.”
“Ma perché vuoi mangiarmi? E’ qualcosa che tu vuoi veramente? No, tu stai solo eseguendo la volontà di altri. Sei una pedina nelle loro mani.”
“Veramente sono un pedone. Comunque si, sono nelle mani di chi ci muove, come te, come gli altri pezzi.”
“Apri gli occhi, fratello. Guarda. Uno dei due vecchietti che stavano giocando con noi si è alzato per andare in bagno e sai bene che ci resterà un sacco di tempo e l’altro si è addormentato mentre stava per muoverti.”
“E allora?”
“Allora è la nostra grande occasione. Presto, venite qui anche voi fratelli pedoni. Tutti qui, bianchi e neri. E ascoltate. I nostri colori sono diversi ma dentro di noi siamo uguali, siamo tutti pedoni. Siamo quelli che vengono sacrificati per primi e per quale motivo? Perché loro, i signori, i nobili, possano fare il loro comodo. Quante volte ci hanno fatto azzuffare mentre l’alfiere sventolava l’insegna e il cavallo nitriva saltellando sulle nostre povere teste e poi, quando ormai noi giacevamo stramazzati fuori dalla scacchiera, quelli si accordavano e fermavano la partita dichiarando la vittoria dell’uno o dell’altro senza neanche sporcarsi. Oppure, beffa ancora più amara per le nostre sofferenze, dichiaravano la partita patta. Ribelliamoci fratelli pedoni. Basta essere succubi di un potere che non si cura affatto di noi. Adesso tocca a noi. Tocca a noi decidere del nostro destino. Noi saremo il potere.”

“Cara, ma che succede al centro della scacchiera?”
“Sembra che i pedoni bianchi e neri si siano messi a fare comunella e stiano acclamando uno di loro, un pedone nero, caro”
“Acclamano un pedone? Ma che si sono messi in testa? Che cosa bizzarra.”
“Tranquillo caro, ci penso io. Tu arroccati pure dietro la torre e non fare assolutamente nulla, come al solito del resto, che in questo sei bravissimo. Cavalli e alfieri, rimettete al loro posto quella marmaglia!”
“Agli ordini, regina!”
“Fratelli pedoni, battiamoci per la nostra libertà. Non abbiamo nulla da perdere tranne le nostre scacchiere.”
“All’assalto. Cavallo in C6.”
“Due pedoni si spostino a destra! Addosso”
“Alfiere in E7, carica!”
“Pedoni bianchi, rintuzzate l’attacco!”

“Alla fine siamo rimasti solo noi, regina.”
“Si, pedone. Siamo rimasti solo noi. E’ stata uno scontro duro. Ma non è ancora finito. Io mi batterò fino all’ultimo.”
“Ma io non voglio battermi con te regina. Io ti amo.”
“Come? Tu sei pazzo, pedone.”
“E se anche fosse? Sei bella, regina. Ogni volta che ti muovevi sulla scacchiera io guardavo le tue movenze, ammiravo la tua eleganza, gustavo la tua leggiadria. E quasi senza accorgermene mi sono innamorato di te..”
“Ma allora, vorresti forse farmi credere che…?”
“Si. Tutto questo io l’ho fatto solo per te, regina.”
“Sei davvero un pazzo! Un incosciente, assurdo, affascinante, pazzo pedone.”
“Si, adesso sarai mia.”
“Tu osi avvicinarti a me?”
“Ti desidero, ti bramo, regina”
“Pedone pazzo, ti farò tagliare la testa. Ma prima vieni qui e ripassiamo il kamasutra delle sessantaquattro caselle.”

“Nicola, ma ti sei addormentato?”
“E si, scusa. Devo pure aver urtato la scacchiera. Tutti i pezzi sono caduti, aiutami a trovarli.”
“Ma che strano…”
“Che cosa è strano?”
“Ogni volta che mi addormento i pezzi cascano dalla scacchiera e quando mi metto a cercarli alla fine mi manca sempre lei, la regina nera. E ogni volta, puntualmente, la ritrovo in un angolo buio o sotto un mobile, insieme alla torre o al cavallo, una volta addirittura insieme a tutti e due gli alfieri. Ma questa, ti giuro, è la prima volta che la ritrovo affianco ad un pedone!”

martedì 20 ottobre 2009

ALFIO E LA TOLLERANZA CONVENIENTE - Favola - parte 3 di 3

Alfio si è svegliato molto preoccupato stamattina, ha chiesto per favore di essere accompagnato a scuola. Solo che tutti i ragazzi hanno chiesto la stessa cosa e per strada c’è un ingorgo allucinante. Bisogna andare a piedi. In classe per un po’ trema impaurito senza osare fare o dire nulla. Poi vedendo che le cose procedono normalmente, piano piano, Alfio si rilassa. Proprio alla fine dell’ultima ora il discorso cade sul lavoro.
“Che lavoro vorreste fare da grandi?”
Anche Alfio si sente di dare il suo parere. Non farebbe mai lavori faticosi preferisce lavori dove usare la mente avvocato, scienziato, forse astronauta:
“Insomma, tutto meno che lavorare in fabbrica.” chiosa sorridendo.
Il rientro a casa è difficoltoso a causa del caos nelle strade. Quando si siede a tavola sente che il telegiornale annuncia che tutti gli operai sono usciti dalle fabbriche: nessuno vuole più lavorarci lì dentro. “Basta fatica io voglio fare l’avvocato!” “Anche io, o almeno l’astronauta!”
Il papà smette di far rumore mangiando la minestra si alza in piedi e annuncia:
”Anche io voglio fare l’astronauta, o almeno l’avvocato”
“E perché io no?” sia aggiunge la mamma.
“Anche io l’avvocato, anche io!” la sorella più piccola
Il rumore che viene dalla strada è assordante. Tutti di corsa ad affacciarsi al balcone. Una folla incredibile riempie le strade urlando slogan
“Vo-glia-mo fa-re l’avvo-ca-to! Vo-glia-mo fa-re l’avvo-ca-to!”
E sempre più gente esce dai portoni unendosi agli altri e cominciando ad gridare a loro volta. Quando anche i suoi genitori si uniscono al coro Alfio capisce che davvero non ne può più. Corre alla ricerca del cappello con l’elica se lo mette in testa e con un colpo di dito fa girare l’elica al contrario.

“Già qui? Sei tornato prima del previsto.”
Il mago sta facendo la scarpetta nel piatto che prima era pieno di caponata.
“Come è andata?” il sorriso beffardo dimostra che già conosce la risposta. La faccia di Alfio è abbastanza eloquente. Quello però si diverte a provocarlo.
“Sei rimasto sconvolto vero?”
Alfio riesce solo ad annuire
“Se vuoi posso farti provare il mondo dove ognuno la pensa rigorosamente in modo diverso da ogni altro.”
“E come è?”
“Non lo so, nessuno è mai ritornato indietro a raccontarlo. Per me li hanno fatti fuori tutti. A proposito ormai è quasi scaduto il tempo, il minestrone è pronto. Lo scambio con tua madre avverrà tra pochi secondi, ne approfitto per salutarti, tre … due … uno …ciao!”
Con un Pof! da fumetto il mago scompare e al suo posto riappare la mamma con uno sguardo piuttosto stranito.
“Ciao mamma.”
“Ciao Alfio, scusami credo di essermi addormentata in piedi mentre cucinavo. Non mi era mai successo. Ho addirittura sognato.”
“Ah si? E cosa hai sognato?”
“Una cosa piuttosto curiosa. Ero vestita come il comandante di una nave e stavo davanti al timone. Gli altri da fuori continuavano a farmi segnali e a gridare qualcosa come aisberg! aisberg ma io non li capivo, mica parlo l’inglese.”
“Mamma ma che nave era?”
“Molto grande. Si chiamava come quella del film che guardavamo l’altra sera e che poi non sono riuscita a finire, mi sono addormentata a metà.”
“Mamma, ma quello era Titanic!”
“Ecco giusto! Così si chiamava la nave. Che strano sogno.”
Il giorno dopo Alfio è a scuola. Appena entra in classe va subito verso una bambina con le trecce.
“Ciao Sara, voglio fare pace con te e diventare amico.”
“Non ci penso neanche lontanamente!”
“Grazie, Sara, grazie davvero di cuore.” Le fa Alfio con il sorriso più ampio e brillante che abbia mai fatto.
(fine)

lunedì 19 ottobre 2009

ALFIO E LA TOLLERANZA CONVENIENTE - Favola - parte 2 di 3

Alfio apre gli occhi e si trova a scuola. La campanella suona e si deve entrare in classe. E il mago? Il mago deve averlo sognato, dai su, entrare in classe. Sara è già al suo posto e Alfio non riesce ad evitare una smorfia di disappunto. Ecco la professoressa che subito comincia con l’appello. Oggi è davvero una bella giornata, fuori c’è un sole primaverile che chiama ad uscire e a correre sul prato.
“Scusi prof. Posso aprire la finestra? Oggi fa davvero caldo.”
“Per me va bene, Alfio. Oggi fa davvero caldo. Chiediamo anche ai tuoi compagni. Va bene per voi?”
Un coro di “Siiiiiiii!”
Alfio si alza con un sorriso e va alla finestra. La spinge tutta di lato mentre il sole lo illumina.
“Che giornata, prof. Sarebbe davvero bello andare a fare lezione sul prato.”
“Per me va bene, Alfio. Lezione sul prato all’aria aperta. Vediamo che ne pensano i tuoi compagni. Andiamo fuori a fare lezione?”
Altro coro di “Siiiiiii!”
Alfio non crede alle sue orecchie. Tutti pronti con quaderni e astucci per andare fuori a fare lezione. Nell’atrio il preside si stranisce nel vedere la classe che si appresta ad uscire.
“Ma che succede qui?”
“Preside, stavamo per iniziare quando Alfio mi ha fatto notare che con una giornata così sarebbe stato bello fare lezione sul prato. E quindi …”
“Giusto, con una giornata così. Andate pure nel prato qui di fronte.”
I ragazzi entusiasti corrono a sedersi sul prato mettendosi in cerchio intorno all’insegnante. Pronti, con le penne in mano, per il dettato, si scambiano sorrisi tra loro. Alfio ci pensa su, il sole, il prato, i ragazzi:
“Prof e, se invece, della lezione facessimo una bella partita a pallone?”
“Per me va bene Alfio, basta che io faccia l’arbitro. Per voi va bene ragazzi?”
Terzo coro di “Siiiii!”
Fatte le squadre, palla al centro tutto è pronto per iniziare, quando una massa di ragazzini urlanti esce dalla scuola e invade il prato coprendolo completamente. Alla testa il preside urlante di gioia anche lui.
“Avete proprio ragione. Una giornata così non si può fare lezione in classe. Ho fatto venire tutti qui sul prato.”
Addio partita di calcio. Non rimane neanche un piccolo angoletto per giocare a morra cinese. Alfio ci rimane malissimo, si può solo tornare in classe e fare lezione normalmente.
Per fortuna dopo un po’, come tutte le mattine, suona la campanella della ricreazione. Alfio adora le pizzette che porta Gigino il fornaio.
Quando mangia una di quelle pizzette si sente in estasi. Via a comprare la merenda. Ma tutti i ragazzi si muovono all’unisono, tutti insieme si presentano da Gigino e tutti, ma proprio tutti vogliono la pizzetta. Niente bombe, niente cornetti, niente tramezzini. Solo pizzette che chiaramente finiscono subito e Alfio rimane a bocca asciutta. Quando torna in classe è decisamente contrariato, anzi proprio nervoso. Fortuna che in classe c’è Melissa che gli piace da matti. Con quei capelli color miele pieni di boccoli morbidi che deve essere una delizia accarezzare. E quegli occhi verdi, grandi e intensi che quando lo guardano lo fanno diventare tutto liquido dentro. Melissa così bella che qualche volta se la sogna anche di notte. Quando si innervosisce la guarda più del solito. La fissa anche quando suona la campanella, mentre indossa il cappotto e lo zaino pronta per uscire. Alfio ancora non ha trovato il coraggio di farsi avanti e per ora si limita a camminarle dietro mentre escono di scuola per inebriarsi del suo profumo. Ma oggi che succede? Tutti i ragazzi vogliono camminare dietro Melissa.
“Ma che avete da spingere tutti?”
“Come sarebbe? E che ti credi che Melissa piace solo a te?”
“Ma perché piace pure a tutti voi?”
“Siiiiiii!” e questa volta sentire il coro di tutti i maschietti, e pure di un paio di ragazze proprio non lo rende felice, anzi.
Quando torna a casa è più arrabbiato del solito. Per fortuna oggi il papà lo porta alla partita. Gioca la sua squadra del cuore, il derby
cittadino. Alfio indossa la sciarpa verde-fucsia con lo stemma, cappello con gli stessi colori. Pure il papà è vestito allo stesso modo.
Mentre si recano allo stadio in macchina cantano i cori che ripeteranno allo stadio. Che bello vede dappertutto persone con le stesse sciarpe, gli stessi cappelli e le stesse bandiere. Tutto verde-fucsia. Solo verde-fucsia. Forse quella strada che stanno percorrendo porta ad un settore dello stadio solo per i tifosi di una squadra. Ma si certo.
Alè forza gladiatori verde-fucsia. Portate in alto i nostri colori. Finalmente sale le scale della tribuna e quando accede agli spalti tutto lo stadio è verde-fuscia. Bellissimo… però. Possibile che non ci siano i tifosi dell’altra squadra? Neanche una bandiera ciano- magenta tigrata? Strano. Alfio guarda il papà che sorride e non vede il filo di inquietudine negli occhi del figlio. Mancano pochi minuti all’inizio. Scendono in campo i giocatori verde-fucsia a fare riscaldamento. Tripudio di Bandiere. Cori, trombe e tutto il sacro repertorio, insomma. Ma dell’altra squadra nessuna traccia. Quando ormai sono passati venti minuti da quello che doveva essere l’inizio della partita un annuncio dagli altoparlanti. Il match non si potrà giocare perché tutti i membri dell’altra squadra, dal presidente all’allenatore, dai calciatori ai massaggiatori, per non parlare dei sostenitori organizzati e non, sono diventati tifosi verde-fucsia. Quindi non c’è nessuno contro cui giocare!
Per cui si passerà il pomeriggio a sventolare le bandiere e a cantare i cori con il karaoke sul grande display dello stadio. A seguire proiezione degli allenamenti della squadra.
Alfio è decisamente deluso. Il papà se ne accorge e, mentre escono dallo stadio, gli chiede cosa vuole fare per divertirsi un po’. Alfio sceglie la combinazione pizza e cinema, che c’è il nuovo film di animazione in 3D tanto reclamizzato.
Una parola. Tutti hanno deciso di andare a mangiare la pizza e, neanche a dirlo, di andare a veder lo stesso film. Impossibile sedersi ad un tavolo con tovaglia di carta in attesa di una margherita con mozzarella di bufala ed impossibile trovare i biglietti per qualunque spettacolo. Un incubo per il povero Alfio.
(continua)

ALFIO E LA TOLLERANZA CONVENIENTE - favola - parte 1 di 3

Alfio ritorna a casa arrabbiato come al solito. Sbatte la cartella sul divano, ci ammucchia sopra cappello e cappotto ed entra in cucina strascicando i piedi nel tentativo di far più rumore possibile. Si getta su una sedia, prende la faccia tra i pugni e bofonchia:
“Quella stupida di Sara, non mi da mai retta. Nessuno mi da mai retta in quella classe. Sono tutti stupidi!”
Non ricevendo replica, Alfio si decide a guardare più in là del suo naso e si accorge che davanti ai fornelli la mamma non c’è. La porta del frigo è aperta e qualcuno sta rovistando dentro.
“Mamma mi hai sentito? Ti stavo dicendo che sono arrabbiatissimo che quella stupida di …. E tu chi sei ?”
Quello che gli è apparso da dietro la porta del frigo non somiglia proprio alla mamma. La faccia è quella di un signore di mezza età con gli occhiali appoggiati sulla punta di un naso lungo e un po’ curvo con capelli lunghi grigi e ispidi raccolti in un codino. Ma la cosa più strana è il suo vestito. Sembra uscito da una delle fiction che piacciono tanto alla mamma con le principesse con i vestiti ampi, sempre pronte a piangere mentre salgono e scendono da carrozze guidate da gente con il cappello a tricorno in testa.
“Forse ne stanno girando una da queste parti” pensa Alfio
Il signore gli fa un inchino e un bel sorriso.
Poi si siede a tavola mentre continua a mangiare una coscia di pollo fredda trovata durante la sua ricerca nel frigo.
“Chi sono io? Beh è facile da spiegare, sono un mago!”
“Come sarebbe? E mia madre dove?”
“Considerato quello che è successo ne deduco che sia una specie di maga anche lei.”
“Mia mamma una maga?”
“Si ma involontaria. Ci ho ragionato fino a poco fa e credo di aver capito cosa è successo. Vedi, tua mamma stava preparando il minestrone tentando una variante personale sulla ricetta classica. Evidentemente la combinazione di elementi che ha usato ha scatenato questo scambio crono-spaziale. Insomma ci siamo invertiti i nostri rispettivi posti nello spazio e nel tempo.”
“E adesso? Che succede?”
“Nulla stai tranquillo. E’ solo una cosa temporanea. Succede non così di rado mentre le massaie preparano il minestrone. Ho già scritto un saggio sull’argomento. Vedi la mia è una teoria rivoluzionaria che spiega il motivo per cui sono accaduti alcuni eventi storici di cui non si è mai capito bene la ragione. Io credo – gli fa il tipo bisbigliando nell’orecchio di Alfio - che siano proprio da attribuire a questi fenomeni fisico-gastronomici per cui paffute massaie si sono trovate all’improvviso a capo di eserciti o al comando di navi e navicelle, ma questo te lo racconto un’altra volta. A giudicare dal grado di cottura del minestrone la cosa dovrebbe durare al massimo un paio d’ore. Un po’ di pazienza, quindi. Fame?”
“No. Niente fame, sono troppo arrabbiato.”
“Ho sentito. Bravo il signorino che sbatte le cose a destra e a sinistra. E solo perché qualcuno la pensa diversamente da te.”
“Vorrei vedere te al posto mio. Sempre a discutere con quegli stupidi. Io gli spiego cosa fare per il bene di tutti e loro non capiscono. Sono stupidi!”
“Stupidi? Dovresti ringraziarli invece.”
“Ringraziarli?”
“Certo. Tu non ti rendi conto di che fortuna sia.”
“Fortuna? Una fortuna che nessuno mi dia mai retta? Che nessuno la pensi come me? Mi prendi anche in giro?”
“E’ una vera fortuna che ognuno la pensi come vuole.”
“Ma se ognuno pensa come vuole come si fa a fare qualunque cosa? Diventa difficilissimo. Ci vuole uno che decide per forza e se tutti la pensassimo alla stessa maniera sarebbe molto più conveniente.”
“Questa è una stupidaggine. I miei studi magico-socio-economici hanno dimostrato inequivocabilmente che la tolleranza è molto conveniente, anzi è l’unica strada conveniente.”
“Questa invece sembra davvero una stupidaggine.”
“Tu sei di quelli testoni, ma testoni sul serio vero? Va bene non starò qui a spiegartelo che tanto non capiresti ma se vuoi ti posso far vivere in un mondo dove tutti la pensano come te.”
“Davvero? Non è che mi prendi in giro sul serio?”
“Assolutamente no. Ti ho detto che sono un mago, giusto? Veramente sono qualcosa di più complesso, dico mago per non dover troppo spiegare. Comunque se proprio vuoi provare ti farò fare questa esperienza.”
“E come si fa?”
“Facile. Mettiti in testo questo cappello con l’elica. Ecco ... così. questa è una specie di macchina del tempo interdimensionale che ti proietterà in un mondo come hai desiderato. Farai questo salto dove rimarrai finche vuoi e poi ritornerai qui diciamo tra cinque minuti il tempo che io mi mangi quella caponatina che ho visto in frigo. Metto a punto l’elica… e via ci vediamo tra cinque minuti!”
(continua)