venerdì 11 dicembre 2009

CORSO DI DIFESA PERSONALE




Praticavo judo da qualche anno. Mi ero imposto questa “cura” per la mia scarsa aggressività e avevo scoperto che mi piaceva affidarmi al maestro, colui che sa e guida l’allievo. Mi piaceva ancora di più lo studio delle tecniche, eseguite lentamente per interiorizzare i movimenti, sembrava di provare i passi di un ballo. Ma quando il corso non è stato più limitato solo ad allievi di sesso maschile ho scoperto che quello che veramente mi rendeva felice era esercitarmi nella lotta a terra con le compagne. Non ho raggiunto grandi risultati sportivi ma la passione e lo zelo nello studio delle tecniche a terra, corpo contro corpo, non mi ha mai abbandonato. Alla fine di quell’anno il maestro ci ha comunicato che ci sarebbe stato un corso di difesa personale tenuto da uno specialista. Ricordandomi del motivo vero che mi aveva spinto in quella palestra decisi di seguirlo. Il giorno della prima lezione ci trovammo di fronte un uomo non giovanissimo, capelli con taglio militare e uno sguardo freddo. Inizialmente ero perplesso, ma il modo pacato e consapevole in cui muoveva il corpo allenatissimo nello spazio intorno a se, giustificava il senso di autorevolezza che sentivo emanare da lui. La voce calma e profonda, mentre ci raccomandava di scordare i combattimenti cinematografici o il wrestling che erano “meri balletti’, mi ha rassicurato definitivamente. Da perfetto maestro di disciplina orientale ha cominciato la lezione con un racconto:
- Un giorno un uomo mi ha offeso. Io l’ho guardato, mi sono girato e mi sono allontanato.
Subito io ho pensato che evidentemente voleva farci capire che è importante non badare alle piccole provocazioni.
- Quell’uomo mi ha raggiunto, mi si è messo di fronte e mi ha sputato sui piedi. Io mi sono girato e me ne sono andato di nuovo.
Quindi, continuavo a riflettere mentre seguivo il racconto, per l’uomo saggio è importante comunque mantenere la calma ed evitare scontri inutili.
- Quell’uomo mi ha raggiunto di nuovo, mi ha chiamato vigliacco e mi ha dato un schiaffo. Io mi sono girato ancora mi sono allontanato di fretta.
E’ chiaro che qui il messaggio veniva rafforzato dal concetto che la vera forza era sopportare quelle offese anche a rischio di far la figura dei vili.
- Quell’uomo mi è corso dietro e mi ha colpito con un poderoso calcio sul fondoschiena facendomi ruzzolare per terra. Io, sebbene un po’ dolorante, mi sono prontamente rialzato e mi sono messo a correre per allontanarmi da lui.
Ovvio, riflettevo, si rischia, è vero, una figura di merda ma come non sentire ammirazione per chi ha la forza interiore per non preoccuparsi delle opinioni altrui e mantenere la lucidità.
- Quell’uomo mi ha inseguito insultandomi in modo estremamente fantasioso e urlandomi che mi avrebbe ucciso perché non meritavo di vivere.
Lo sguardo dei miei compagni denunciava chiaramente che ritenevano ormai costui una specie di invertebrato. Io invece ragionavo sul concetto di forza. Non è forse questa la vera forza? Sono forte perché evito di usare la forza. Evitare lo scontro che, pur se vittorioso, qualunque cosa significhi “vittoria”, comporta sempre la perdita di qualcosa, e quindi sconfitta.
- E solo quando mi sono ritrovato senza possibilità di fuga, chiuso nell’angolo da quell’uomo che aveva deciso di uccidermi, solo allora ho reagito . E sapete perché?
Certo, stavo per rispondere un po’ sorpreso del silenzio in cui rimbombava l’eco della domanda del maestro. Certo, il dovere morale dell’uomo, il rispetto per la vita, la responsabilità etica di evitare comunque il conflitto per qualunque ragione se non quando siamo costretti alla legittima difesa, quando la nostra incolumità, e solo allora, corre un pericolo gravissimo.. Che profonda lezione morale ci sta dando questo tipo che avevo temuto fosse una specie di rambo da strapazzo, un esaltato. Grazie, stavo per dire, grazie maestro, il tuo esempio mi consente di avere ancora fiducia nell’umanità, di credere che l’uomo è un essere intrinsecamente morale ed istintivamente spinto al bene. Ma non ho fatto in tempo a dire nulla perché il maestro ha ripreso con un curioso brillio nell’occhio sinistro:
- Perché in quel momento - e qui una pausa sapiente – e solo a quel punto l’adrenalina, che la paura avrà fatto accumulare dentro di voi, vi darà la forza e la determinazione per sferrare un unico colpo necessario, ad uno dei tre punti vitali che poi vi indicherò precisamente, se dato con la necessaria dose di violenza, che stronchi il vostro nemico stendendolo a terra, vivo o morto non importa, ma assolutamente impossibilitato a reagire. Solo allora saprete colpire senza pietà, o lui o voi.”

giovedì 3 dicembre 2009

BAMBOLA DI PEZZA


IMMAGINE REALIZZATA PER IL RACCONTO "BAMBOLA DI PEZZA" DI DANIELA RINDI