mercoledì 19 gennaio 2011

NON SO SE SOPRAVVIVERO’ A QUESTA VITA - Cronaca 2

Cronaca 2. Era qualche giorno che non vedevo Gabriele. Me lo vedo arrivare di corsa con le ali tutte arruffate. Cenno di saluto e si infila in un settore chiuso con una transenna. Dopo qualche minuto lo vedo uscire molto più rilassato che mi viene incontro allegro come al solito, almeno quando non va in giro con lo spadone fiammeggiante per servizio.
“Allora, ti stai ambientando?”.
“Facile ambientarsi qui, è tutto sereno, tranquillo, a parte…”.
“A parte cosa?”.
Essendo novizio volevo chiedere informazioni sul paradiso, Gabriele era disponibile, si capiva dal suo sorriso, ma aspettava che io chiedessi.
“Be’, ma se questo è il paradiso dove sono purgatorio e inferno?”.
“Non esistono”.
“Come? Mi prendi in giro?”.
“Ma figurati. Hai un’idea i costi di gestione che ha questo posto? L’amministrazione non poteva permettersi di aprire altre due attività. Almeno per ora”.
“E quindi le anime dei trapassati sono tutte qua?”.
“Certo. Dove vuoi che vadano?”.
“Quindi buoni e cattivi tutti insieme?”.
“Tutti insieme”.
“Quindi assassini e vittime, ladri e onesti, violenti e pacifici, …”.
“Tutti, basta con questo elenco, tutti!”.
“Ma non è giusto!”.
“CHI HA DETTO CHE NON E’ GIUSTO?”.
“Scusa Signore, volevo dire che mi sembra strano, tutte quelle storia che nell’aldilà, che prima era l’aldiquà e cioè sulla terra, ci raccontavano sull’aldiquà che prima era l’aldilà….insomma sono confuso”.
“ Non devi prenderla così. – mi rassicura Gabriele - Può essere anche molto divertente. Siamo in paradiso quindi tutti, per timore di essere cacciati chissà dove, si comportano bene. Pensa che Hitler viene invitato a cena tutte le sere da una famiglia ebrea. Lui per buona educazione non può rifiutare che altrimenti teme di andare all’inferno. Tutti sanno che è vegetariano e soffre di ulcere e gastrite. Puntualmente gli preparano piatti di carne, speziatissimi e piccantissimi. Certe coliche la notte! E praticamente tutte le notti. Le risate”.
“Posso chiederti ancora una cosa?”.
“Certo”.
“Sei uscito adesso da quella zona lì chiusa da transenne, mi chiedevo perché è vietato entrare. E’ il giardino proibito?”.
“Ma no! Non è vietato entrare. E’ vietato uscire da lì”.
“No, Gabriele, non capisco”.
“Stanno girando uno spot pubblicitario”.
“Ah, e cioè?”.
“Hai presente quelli che vedevi in tv con attori e presentatori che pubblicizzano qualche cosa, un’auto, un caffè e vogliono far credere di trovarsi in paradiso?”.
“Si certo, li davano in continuazione”.
“Proprio quelli. Li girano qui in paradiso”.
“Scusa Gabrie’ ma rischio davvero di cascare dalle nuvole, ma in senso letterale”.
“Ti ho già spiegato che i costi di gestione di questo posto non sono pochi, e allora, per incassare qualche soldo, ci siamo inventati questa specie di agenzia che realizza ambienti ed effetti speciali per qualunque produzione televisiva o cinematografica. Tanto quelli vogliono girare in paradiso e noi li facciamo girare in paradiso. Mica è una truffa. La chiamano “postproduzione” mi pare, ma non sono sicuro perché io non c’entro con questo settore. Fanno delle cose incredibili lì dentro”.
“Ne girano molti?”.
“Figurati! Hanno tantissimo lavoro. E mica solo spot pubblicitari, anche cinema. Prima portavo un messaggio per un’altra produzione di fantascienza, che in quella siamo specializzati. Hai presente Star Wars, con tutti quegli effetti, quei botti, quelle esplosioni? Altro che Lucas, le abbiamo fatte qui. Per quel tipo di lavoro abbiamo Santa Barbara che modestamente se ne intende di botti ed esplosioni. Comunque adesso dobbiamo andare”.
“Dove?”.
“Picnic! Non ti ricordi che avevamo appuntamento qui con gli altri per una merenda sul prato?”.
No, non mi ricordavo ma prima che Gabriele possa cominciare a prendermi in giro, che ormai sembra il suo hobby preferito, arrivano gli altri.
Lucrezia Borgia s’era offerta di preparare spuntini per tutti e appena Mino “Cetriolino” Baldi – comico televisivo noto soprattutto per il tormentone “mi piace il cetriolino” - è partito con una battuta delle sue, tanto banale quanto cretina, Marco Antonio, che come stazza rende onore al suo nome, gli ha mollato una sberla a mano aperta sulla nuca stendendolo.
Gabriele, prevedendomi, m’ha subito spiegato che no, Mino Baldi non è ancora morto, quello era il suo simulacro che, come per ognuno, “nasce” in paradiso contemporaneamente alla nascita sulla terra. Alla morte le due parti si ricongiungono. Alla vista della mia espressione perplessa di nuovo ha anticipato la mia domanda rispondendomi che col tempo capirò bene come e perché, per adesso mi bastava rendermi conto della situazione.
“Quindi – ho pensato - qui posso incontrare tutti quelli che conosco, anche se sono ancora vivi” .
“Si - ha risposto Gabriele, che questa storia che mi leggeva nel pensiero ancora non me l’aveva spiegata e si divertiva alle mie spalle – e puoi continuare i discorsi interrotti perché i simulacri sono perfettamente consapevoli di quello che fa la loro parte terrena.
Lucrezia aveva appena finito di apparecchiare e, mentre Marco Antonio le sbirciava il decolté con la scusa d assicurarsi che non ci fossero sorprese strane, Baldi – appena ripresosi – consumava uno dei due “ciao, cetriolino” giornalieri che gli erano concessi per salutarmi.
Io ormai ero distratto dal pensiero che potevo incontrare di nuovo tutti quelli che conoscevo e, magari riprendere il discorso con quella inchiostratrice con la vita stretta e occhi a mandorla a proposito di reportage a fumetti da realizzare insieme.
“Come faccio ad incontrarli, il paradiso è grande” ho chiesto speranzoso.
“Niente fretta – mi fa il Gabri che stavolta, evidentemente distratto dall’immagine della ragazza che avevo visualizzato mentalmente, non mi ha preceduto – poi ti spiego come funziona quella specie di FaceBook che abbiamo qui. Intanto godiamoci questa tarte Tatin che Lucrezia ha appena servito”.
E’ stata una bella giornata e al ritorno abbiamo incrociato Gandhi mentre incoraggiava Hitler, sconsolato, che si recava all’ennesima cena.
“Tranquillo, Adolf – gli gridava dietro il Mahatma – che la signora Kugelmass ci tiene troppo al suo pepe di cayenna per consumarlo tutto in una sera”.

sabato 1 gennaio 2011

SOGNO

Cammina davanti a me lentamente e io la seguo a poca distanza. Si ferma e si volta a guardarmi. Pochi istanti di riflessione poi viene verso di me con gli occhi fissi sui miei. Si ferma davanti al mio viso, quasi le punte dei nasi si sfiorano. Pochi istanti ancora e mi gira intorno, si pone alle mie spalle e mi sussurra
«Chiudi gli occhi».
Poi sento che mi prende le mani, mi fa allargare le braccia, prende un respiro infinito e ci alziamo in volo. La sensazione è talmente forte che mi toglie il respiro e ho paura di aprire gli occhi. Poi lo faccio e vedo.
Voliamo insieme, sovrapposti, lei sopra di me, sento la proiezione del suo corpo sul mio. Forse è più giusto dire che lei mi trasporta in volo anche se non mi tocca. Come se mi avesse inglobato nella sua aura. Dall’alto vedo la città delinearsi nei suoi cerchi concentrici originali violentata da tracciati più recenti che non hanno saputo rispettarne l’antico disegno. Ci abbassiamo nel nostro volo gemellato e percorriamo i canali costituiti dalle facciate degli edifici. Non esistono altri esseri umani, anche se noi in questo momento non possiamo considerarci tali.
Planiamo nella piazza centrale fino sull’acqua della fontana e sento crescere un senso di grave malinconia in lei. Poi, quasi con uno strappo, mi riporta in quota.
Voliamo sulla campagna irreggimentata dai canali e dalle scoline, verso il mare, e seguendo la teoria dei laghi costieri, fino ad un’altra città appoggiata su uno dei laghi. La città è situata verso l’interno e per raggiungere il mare è costretta a scavalcare il lago con un lungo ponte in cemento. Con un lento volo radente percorriamo quest’altra città, anch’essa priva di vita, poi il ponte con un’accelerazione che mi impedisce il respiro, fino alla duna per poi impennarci in un volo verticale che mi stordisce.
Mi ritrovo solo in volo, dentro una nuvola. Mi sento perduto, riesco a gestire il mio volo ma non so dove andare. Il respiro bloccato in gola, volgo lo sguardo in ogni direzione ma non vedo nulla.
Perso nelle spire nebbiose, vedo improvvisamente davanti a me una roccia e mi abbraccio a questa come un naufrago tra le onde si aggrapperebbe ad un relitto galleggiante. Aderisco completamente con tutto il mio corpo a quell’appiglio tanto bramato mentre ansimo cercando di recuperare me stesso e la mia calma.
Quando sento che il mio cuore ha ricominciato a pulsare ad una velocità normale apro gli occhi cercando di capire dove sono. Le brume si allargano lentamente rivelandomi che sono aggrappato alla cima di un promontorio e davanti a me si allunga una terra verdeggiante la cui parte più lontana è ancora avvolta dalle nebbie.
Comincio a scendere dalla cima, più vado verso il basso e più le rocce sono mischiate a morbida terra in cui il mio piede affonda. Avvicino il mio volto a quelle zolle e mi accorgo che quelli che credevo arbusti sono in realtà alberi in miniatura e in mezzo a loro ogni tanto una minuscola casetta grande come la mia mano.
Più scendo verso valle e più gli alberi si ingrandiscono e così tutto il resto fino a che, quando sono alle pendici del monte, la casa che mi si para davanti e grande a sufficienza perché io possa entrarci. Una casa di campagna, con il tetto di paglia, come quelle del nord Europa.
La porta è aperta. Entro, sento le voci. Le seguo. Entro nella stanza dove molte persone stanno festeggiando qualcosa e non badano a me. Mi sento sollevato e cerco acqua da bere. Una mano si allunga verso di me con un bicchiere pieno, fresco ed invitante.
Mi giro. E’ lei.