domenica 21 febbraio 2010

IL SOGNO

Cammina davanti a me lentamente e io la seguo a poca distanza. Si ferma e si volta a guardarmi. Pochi istanti di riflessione poi viene verso di me con gli occhi fissi sui miei. Si ferma davanti al mio viso, quasi le punte dei nasi si sfiorano. Pochi istanti ancora e mi gira intorno, si pone alle mie spalle e mi sussurra «Chiudi gli occhi».
Poi sento che mi prende le mani, mi fa allargare le braccia, prende un respiro infinito e ci alziamo in volo. La sensazione è talmente forte che mi toglie il respiro e ho paura di aprire gli occhi. Poi lo faccio e vedo. Voliamo insieme, sovrapposti lei sopra di me sento la proiezione del suo corpo sul mio. Forse è più giusto dire che lei mi trasporta in volo anche se non mi tocca. Come se mi avesse inglobato nella sua aura.
Dall’alto vedo la città delinearsi nei suoi cerchi concentrici originali violentata da tracciati più recenti che non hanno saputo rispettarne l’antico disegno. Ci abbassiamo nel nostro volo gemellato e percorriamo i canali costituiti dalle facciate degli edifici. Non esistono altri esseri umani, anche se noi in questo momento non possiamo considerarci tali. Planiamo nella piazza centrale fino sull’acqua della fontana e sento crescere un senso di grave malinconia in lei. Poi, quasi con uno strappo, mi riporta in quota. Voliamo sulla campagna irreggimentata dai canali e dalle scoline, verso il mare, e seguendo la teoria dei laghi costieri, fino ad un’altra città appoggiata su uno dei laghi. La città è situata verso l’interno e per raggiungere il mare è costretta a scavalcare il lago con un lungo ponte in cemento. Con un lento volo radente percorriamo quest’altra città, anch’essa priva di vita, poi il ponte con un’accelerazione che mi impedisce il respiro, fino alla duna per poi impennarci in un volo verticale che mi stordisce.
Mi ritrovo solo in volo, dentro una nuvola. Mi sento perduto, riesco a gestire il mio volo ma non so dove andare. Il respiro bloccato in gola, volgo lo sguardo in ogni direzione ma non vedo nulla.
Perso nelle spire nebbiose, vedo improvvisamente davanti a me una roccia e mi abbraccio a lei come un naufrago tra le onde si aggrapperebbe ad un relitto galleggiante. Aderisco completamente con tutto il mio corpo a quel tanto bramato appiglio mentre ansimo cercando di recuperare me stesso e la mia serenità. Quando sento che il mio cuore ha ricominciato a pulsare ad una velocità normale apro gli occhi cercando di capire dove sono. Le brume si allargano lentamente rivelandomi che sono aggrappato alla cima di un promontorio e davanti a me si allunga una terra verdeggiante la cui parte più lontana è ancora avvolta dalle nebbie. Comincio a scendere dalla cima, più vado verso il basso e più le rocce sono mischiate a morbida terra in cui il mio piede affonda. Avvicino il mio volto a quelle zolle e mi accorgo che quelli che credevo arbusti sono in realtà alberi in miniatura e in mezzo a loro ogni tanto una minuscola casetta grande come la mia mano. Più scendo verso valle e più gli alberi si ingrandiscono e così tutto il resto fino a che, quando sono alle pendici del monte, la casa che mi si para davanti e grande a sufficienza perché io possa entrarci. Una casa di campagna, con il tetto di paglia, come quelle del nord Europa.
La porta è aperta. Entro, sento le voci. Le seguo. Entro nella stanza dove molte persone stanno festeggiando qualcosa e non badano a me. Mi sento sollevato e cerco acqua da bere. Una mano si allunga verso di me con un bicchiere pieno, fresco ed invitante. Mi giro. E’ lei.

9 commenti:

  1. Come Kandiskij pensiamo che il colore in sé non voglia dire poi tanto, ma che molto più interessanti siano i rapporti tra i colori. Un colore da solo è silenzio, DUE colori sono un accordo.
    Allora tracciamo spessi segni neri su un pavimento bianco che ha in sé tutti i significati del mondo. Allora ci inventiamo una storia che diventa una strada, che è una linea che corre tra due punti, e in mezzo ci può essere tutto.
    Elena.

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  2. Come Kandiskij pensiamo che il colore in sé non voglia dire poi tanto, ma che molto più interessanti siano i rapporti tra i colori. Un colore da solo è silenzio, due colori sono un accordo.
    Allora tracciamo spessi segni neri su un pavimento bianco che ha in sé tutti i significati del mondo. Allora ci inventiamo una storia che diventa una strada, che è una linea che corre tra due punti, e in mezzo ci può essere tutto.
    Elena

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  3. Come Kandiskij pensiamo che il colore in sé non voglia dire poi tanto, ma che molto più interessanti siano i rapporti tra i colori. Un colore da solo è silenzio, due colori sono un accordo.
    Allora tracciamo spessi segni neri su un pavimento bianco che ha in sé tutti i significati del mondo. E se ci inventassimo una storia che diventa una strada, che è una linea che corre tra due punti, e in mezzo ci potrebbe essere tutto.

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  4. molto bello, anonimo
    grazie... :)

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