Il gusto del lavoro, minuzioso,
lento, attento, intenso riempie le opere di Marcello Trabucco. Il tocco
dell’artista è sedimentato nelle tracce dei gesti che riempiono queste
incisioni, donando all’osservatore la percezione dell’attività stratificata in
lunghe sedute di concentrata ispirazione.
Le composizioni fondono i due
aspetti, tecnico e poetico, come appunti mentali di un ipotetico viaggiatore,
dotato del bagaglio di conoscenze dell’architetto e del senso artistico del
pittore innamorato delle vibrazioni cromatiche delle sue composizioni.
La sensibilità del viaggiatore romantico
e colto, infatti, si esprime in questi miraggi mentali che coniugano la
freddezza tecnica delle planimetrie misurabili con la suggestione delle mura
diroccate, cariche di antiche glorie e di irriverente vegetazione, che rimandano
alle visioni ottocentesche care a Ruskin.
Il dettaglio naturale e il
dettaglio architettonico godono della stessa attenzione, intensa e appassionata:
il paesaggio è evento umano compreso nell’evento universale della natura.
La delicatezza del tratteggio che
rende il passaggio luminoso del chiaroscuro di una colonna e del sovrastante
capitello, finemente descritti, è la stessa con cui vengono resi gli intrecci ombrosi
delle forme vegetali.
A volte, come nel caso
dell’incisione dedicata ai “Ruderi della chiesa di s. Prudenziana a Sermoneta”,
l’elemento vegetale diventa il vero protagonista. L’immagine dell’ulivo prende
il sopravvento sulle antiche vestigia non solo per la posizione centrale, ma soprattutto
per la cura e l’attenzione nel definirne i dettagli.
Il rudere, residuo di un manufatto
artificiale che esprimeva il dominio umano sull’ambiente naturale circostante, diventa
uno degli elementi del paesaggio. Il rudere è il fantasma del passato glorioso,
ma è soprattutto parte del contesto, non più dominante ma dominato. Sic transit gloria mundi. La memoria,
però, rimane grazie all’evocazione contenuta nelle incisioni dell’artista.
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