martedì 21 aprile 2009

SELF CONTROL

Mi raccontò che, appena incontrata, aveva capito subito che doveva muoversi “col freno a mano tirato”: lei giovane, ingenua e inesperta; lui maturo, consapevole ed esperto; e che “i primi tempi tutto era sotto controllo”. Lui gestiva il rapporto con responsabilità sapendo che nessuno dei due “doveva lasciarsi travolgere dall’onda dell’emozione, che anzi bisognava saperla cavalcare come un surfista, dominandola fino a quando giunta a riva si spegne, e allora si può scendere senza quasi rimaner bagnati”. Lui, in quanto uomo capace di grandi passioni, e lei, in quanto essere implume e fragile, “dovevano essere protetti dal dolore che si prova quando i sentimenti obnubilano la mente”.
E quando lei era dovuta ripartire, lui, immediatamente, aveva deciso che era necessario interrompere il rapporto “prima che le radici diventassero troppo profonde e strapparle potesse provocare sofferenze insopportabili” ma lei insisteva, non se la sentiva di troncare così, brutalmente, e allora va bene, piccola, ma vedrai.
Facile profeta. Lei poco a poco si staccava, ma lui capiva, lo aveva previsto e sentiva di avere il controllo. Maturità ed esperienza di vita.
Poi, non aveva capito bene come e quando, si era ritrovato a scrivere lettere appassionate, a registrare discorsi con il mare in sottofondo, a prendere all’improvviso treni ed aerei, a camminare di notte da solo in città straniere finendo in un pub a bere e a parlare con sconosciuti in lingue che non ricordava di conoscere al punto di sostenere conversazioni, a passeggiare solitario il 31 dicembre in riva al mare guardando l’orizzonte nella direzione presunta di lei.
Oggi ho telefonato e sono andato a trovarlo. Ho citofonato più volte, nessuna risposta. Il cancello era aperto e così la porta finestra del terrazzino che da sul giardino. Sono entrato e l’ho trovato seduto con lo sguardo vuoto. Tutto bene, si, dovevo scusarlo ma si sentiva così apatico e svuotato che non ha realizzato che doveva rispondere. Stava riflettendo. Sapeva che se si fosse innamorato avrebbe pagato pegno, ma va bene, lo aveva messo in conto. Poi una serie di metafore che però non ho ben capito. Però va bene, dai.
Ma si, non è il caso di preoccuparsi. Sta reagendo, lo conosco bene e so che ha tante risorse. Gli serve solo un po’ di tempo. Lo saluto e lascio che si immerga di nuovo nel suo ”stato di torpore rigenerante”.
Esco, chiudo il cancello e mi giro di nuovo verso casa sua.
Mi fa così pena e tenerezza che quasi non mi accorgo di quanto lo invidio.

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