lunedì 20 aprile 2009

UNO DI LORO

Uno dei primi ricordi che ho è di me bambino, non avevo ancora compiuto cinque anni, che gioco davanti casa di nonna ed un adulto, forse mio zio, che mi dice “stasera c’è la partita in tv” con una faccia indecifrabile, come se mi confidasse uno dei più grandi segreti della vita.
”Che cosa che?”chiesi ignaro, abboccando all’amo, “poi vedi” fu la risposta infame che mi tenne sulle spine fino al momento in cui tutti i maschi di famiglia si radunarono di fronte al televisore per la cerimonia dell’accensione.
Il vecchio tv in bianco e nero di nonna aveva una rigorosa procedura da seguire: prima accendere lo stabilizzatore, una scatola metallica color verde posta sul piano inferiore del mobile tv, attendere che l’”occhio” diventasse rosso, poi spingere il pulsante dell’apparecchio televisivo e attendere di nuovo che le valvole si scaldassero per poter funzionare.
Tutto questo comportava un tempo di attesa indefinito, in genere molto breve per programmi noiosi come “canzonissima” o gli sceneggiati tv ed invece lunghissimo per i cartoni animati, almeno cosi mi pareva.
Quella volta a tutti sembrò una eternità e questo, anche se io non potevo capirlo, era un buon segno.
Quando finalmente lo sfrigolio dello schermo annunciò l’arrivo delle immagini ricordò che mi allungai in tutto il mio metro e basta di allora verso lo schermò: finalmente avrei saputo.
E la prima immagine che vidi fu quella di un uomo in calzoncini e maglietta scuri che fissava una palla bianchissima e sfocatissima ai suoi piedi vicino ad una bandierina, seppi dopo, del corner.
All’improvviso una figura completamente bianca entrò nell’inquadratura travolgendo uomo, palla e bandierina.
“Cazzo!”avrei gridato se avessi saputo che si diceva così, ma essendo un bambino di nemmeno cinque anni mi limitai ad un suono strozzato.
Chi è, cosa è, come è, ditemi ditemi. Gli adulti presenti mi gratificarono di poche spiegazioni smozzicate tutti presi da quelle immagini e da quella voce eccitata che usciva dall’apparecchio.
Afferrai cose come, calcio, milan, scnhellinger.
Ricostruii a fatica, quello era il calcio, lo faceva qualcosa che si chiamava milan, e c’era uno tutto bianco con il numero tre sulla schiena che faceva quelle entrate pazzesche, proiettando in aria palloni, bandierine (del corner) e avversari.
Quella incredibile scossa di adrenalina mi sconvolsè e tutta la tensione che avvertivo negli adulti intorno mi confermava che quello era uno spettacolo stupefacente.
Non mi ricordo altro ma ormai ero uno di loro.

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