giovedì 30 aprile 2009

RICORDO SOPITO





Spengo la luce, sto per alzarmi dal tavolo di lavoro quando un ricordo mi affiora alla mente improvviso, netto.


Rimango seduto e rivivo la scena.


Esattamente venti anni fa un tipo strano volle a parlarmi di una visione che aveva avuto e che, secondo lui, sarebbe stata un’idea eccezionale per un film, un colossal tipo catastrofico-fantascientifico.


Piuttosto scettico gli dissi di esporre brevemente il plot e quello, con uno sguardo allucinato, cominciò con la prima scena: alba su new york, panoramica sullo skyline della città in controluce sul cielo rosato e in sottofondo una musica serena e rassicurante.


“Magari la Rapsodia in blue di Gershwin, come la scena iniziale del penultimo film di Woody Allen” ironizzai.


Quello continuò senza scomporsi, rapito dalla sua visione, descrivendo come improvvisamente un jumbo sarebbe entrato nell’inquadratura con un rombo spaventoso andandosi a schiantare contro la torre nord del WTC con una esplosione infuocata, pochi secondi e un altro jumbo avrebbe centrato l’altra torre e mentre i due edifici crollavano in fiamme voci fuoricampo avrebbero annunciato di altri aerei contro il Pentagono e magari contro la Casa Bianca.


Gli chiesi se la Pan American avesse dichiarato guerra agli Usa ma lui di nuovo non raccolse.


Allora, brusco, gli feci notare che la sua idea era totalmente inverosimile.


“Tutti sanno che le torri sono state progettate per resistere agli impatti aerei e che gli Usa hanno la flotta aerea migliore del mondo a proteggerli”.


Ma quello continuò farneticando di terroristi arabi, di un presidente Usa tonto e manovrabile, di dichiarazioni di guerra ad un paese straniero accusato di possedere fantomatiche armi di distruzione di massa.


E di scene di bombardamenti notturni e battaglie nel deserto con i pozzi di petrolio in fiamme sullo sfondo.


Bloccai il suo delirio e, calmo ma risoluto, gli dissi che lui era totalmente pazzo e che io non avrei più ascoltato quelle farneticanti follie.


Mi aspettavo una reazione violenta.


Quello invece si alzò pacato, aprì la porta, mormorò: “Tra venti anni” e andò via.


Un ricordo completamente sopito che mi sale alla memoria in maniera così prepotente e lucida.


Proprio ora.


Sarà che sono passati esattamente venti anni.


Sarà che adesso il mio ufficio è al piano 87° della torre nord del WTC, ma sento una sensazione di angoscia serpeggiarmi dentro e mi manca l’aria.


Tremo.


E’ la stanchezza, decido.


Meglio che vada a riposare prima che sia io ad impazzire sul serio.


Domani è già 11, ho tanto lavoro da fare.

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